[ trad. it. di L. Marchese, Bompiani Milano 2017]
Il romanzo saggio di Stefano Ercolino è un libro complesso e ambizioso, che lascia con sentimenti ambigui. L’ipotesi interpretativa è accattivante: si tratta di identificare il romanzo-saggio, uno dei generi più interessanti della nostra epoca letteraria, come «forma sintetica» che, secondo le meccaniche del paradigma emergentista, nascerebbe dalla confluenza e dal reciproco superamento di «due individui ben identificabili, due forme: il romanzo e il saggio» al fine di offrire una risposta simbolica alla crisi del positivismo e alla «perdita della totalità» registrata alla fine del XIX secolo. A tale scopo vengono mobilitati alcuni precisi riferimenti teorici (Adorno, Nietzsche, Lukacs, il Moretti delle «formazioni di compromesso») e soprattutto un’originale scelta di canone e di storiografia letteraria – basata su cinque romanzi, Controcorrente, La montagna magica, L’uomo senza qualità, I sonnambuli e Doctor Faustus, e su una visione della storia del genere romanzesco fortemente polarizzata, che compatta l’Ottocento sul modello di Balzac e gli contrappone Huysmans come massimo rappre sentante di una frattura che stacca di netto Au Rebours dai secoli precedenti, visti come continuità. Il saggio presenta affondi di notevole valore analitico sia sulle opere sia sui testi critici prescelti come perni del discorso, con incursioni stimolanti sul concetto di «saggio» in Adorno e Musil, sul ruolo che la crisi del razionalismo cartesiano ha avuto nel rimodellare alcune esigenze simboliche, sullo spazio e sul significato dell’irrazionalismo e del messianismo tra la Francia fin de siècle e l’Austria degli anni Trenta.
Tuttavia c’è una caratteristica pervasiva del saggio che rischia di velare la proposta critica, ed è la scelta di uno stile espositivo che tende a sviluppare l’argomentazione con un andamento piuttosto assertivo, che affida la verifica dei concetti alla giustapposizione di citazioni e rimandi bibliografici più che allo svisceramento esteso, dando talvolta l’impressione che alcuni nodi teorici, portatori di tensioni concettuali certo problematiche ma ricche di valore, risultino affrontati solo parzialmente. L’effetto è che qua e là il peso teorico di alcune affermazioni (come quelle sul romanzo-saggio quale unico genere a incarnare la dichiarata «morte della modernità») non risulti adeguatamente preparato, e si faccia desiderare un’articolazione più esplicita e consapevole di alcune categorie (lo stesso «romanzo-saggio» non viene mai esattamente definito). Soprattutto perché a tali categorie e alla loro morfologia, microscopicamente messa a punto, sono affidate le esclusioni piuttosto drastiche che sfrondano il campo dell’oggetto letterario in questione: la dimensione «soggettivizzata» a causa della quale sia la Recherche che la Nausea non sarebbero romanzi-saggi sembra soffrire per mancanza di una chiara differenziazione con la «soggettività» riscontrata in Huysmans e nelle stesse teorie del saggismo evocate; così come risultano ardite le esclusioni pesan ti di Dostoevskij e Tolstoj, basate su principi che suonano contraddittori (la dialettica del saggismo dostoevskijano non sarebbe abbastanza positiva e fiduciosa nella ricomposizione delle opposizioni – il che però viene detto anche di MusiI) o poco saldi (il saggismo di Guerra e pace sarebbe solo l’esito involontario di un Tolstoj completamente inconsapevole dell’uso delle forme e ricondotto alla vulgata del romanzo di ispirazione nazionalistica scritto per compensare l’esperienza della guerra in Crimea). L’impressione complessiva è che l’intrigante proposta ermeneutica, che pure giganteggia nel testo e sembra agire come una lente che non ha paura di giocare con le proporzioni di alcuni fenomeni, apra le ali solo in parte e rimanga appesantita da uno sbilanciamento che mette una premura forse eccessiva verso la giustificazione delle esclusioni invece di concentrarsi sulle inclusioni e su cosa “positivamente” dicano del romanzo-saggio, insistendo sulla difesa dei confini cronologici prescelti (1884-1947) invece di lasciarli emergere dal percorso argomentativo.
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